mercoledì 18 novembre 2015

La tintora di Testaccio


Doverosamente, cominciamo la presentazione di questa opera ringraziando il nostro attento e adorabile lettore Orazio Proietti, il quale, non solo ce l'ha segnalata ma ci ha dato modo di fotografarla per la prima volta in assoluto. Come avrete capito, questo dipinto è totalmente sconosciuto, appartiene infatti al Sig. Artemio Ceccarelli (amico fraterno del Proietti) che lo custodisce nella sua abitazione di Testaccio e non lo ha mai mostrato al pubblico.
Ebbene sì, crediamo l'avrete riconosciuta: siamo davanti a un'opera autentica di Fernando Botero, il grandissimo pittore colombiano, nato a Medellin nel 1932, uno dei maggiori artisti tuttora in vita. Caratteristica della pittura di Botero è l'insolita dilatazione che subiscono i suoi soggetti, che acquistano forme insolite, quasi irreali, tecnica necessaria al magnifico uso dei colori che ha sempre adottato, pratica che lui stesso spiega così: "Un artista è attratto da certi tipi di forme senza saperne il motivo. Prima adotto una posizione per istinto, e solo in un secondo tempo cerco di razionalizzarla o anche di giustificarla", una particolarità innata quindi, che lo ha reso unico all'interno del panorama artistico mondiale.

Abbiamo avuto modo di verificare che all'opera ha dato nome lo stesso artista in forma autografa, nel retro della tela, l'iscrizione cita: "La tintora di Testaccio", titolo che non lascia dubbi sul fatto che sia derivata da circostanze precise a cui lo stesso autore ha voluto dare senso artistico. Il dipinto risale ai primi anni sessanta, con molte probabilità al 1961, allorché Botero si trovava a Roma, invitato a presenziare ad una rassegna su Gustave Doré, il grande incisore francese a cui dobbiamo l'illustrazione di molte grandi opere della letteratura mondiale, ma soprattutto, mito, e primo ispiratore, dello stesso Botero. Durante il suo soggiorno romano, durato poco meno di un mese, Botero alloggiava a Testaccio, in un piccolo appartamento di Via Giovanni Branca, messogli a disposizione da suoi amici italiani, e ciò lo abbiamo appreso direttamente dal Sig. Ciccarelli, proprietario dell'opera. Nell'occasione l'artista visse appieno la vivacità dello storico quartiere, frequentandone le piazze, le botteghe, i bar, le trattorie... e le belle donne, una debolezza alla quale Botero non si è mai sottratto. Proprio qui conobbe Emilia Ciccarelli, conduttrice di una tintoria presso la quale l'artista si recava di frequente, donna oltremodo affascinante, vedova e madre di tre figli, alla quale Botero entrò subito in simpatia; i due si frequentarono per parecchi giorni e, con molta probabilità, intrapresero una relazione amorosa piuttosto intensa, tanto che molti li ricordano spesso a passeggio per le vie del quartiere, alle ore più insolite. Fatto sta che proprio in quest'ambito, Botero si avvicinò al calcio romano e romanista: Emilia Ceccarelli apparteneva ad una famiglia di solide radici giallorosse, al papà Settimio, primo padrone della tintoria, spesso venivano portate a lavare alcune maglie della prima squadra di Campo Testaccio, quando la compianta Sora Angelica, moglie di Zi Checco, storico guardiano del campo, non aveva possibilità di lavarle direttamente.

Questa storia di "calcio e popolo", come lui stesso la descriveva, piacque molto a Fernando Botero, tanto che, proprio all'atto di congedarsi dalla capitale, fece dono ad Emilia di questo dipinto, nel quale la raffigurava, in modo immaginifico, proprio nella sua bottega di tintoria alle prese coi suoi tre figli Artemio (proprio il nostro interlocutore, in maglia giallorossa come spesso era nella realtà), Lorenzo, la piccola Settimia e l'inseparabile gatta Mollichella. Proprio Artemio ricorda che ad Emilia, lì per lì, il quadro non piacque molto: "Capirai, mamma era magrissima, a vedesse così... sembrava n'fusto de benzina, nun è che je piaceva tanto... però lo sapeva che lui dipingeva così, eppoi je voleva bene, quindi lo fece incornicià e l'attaccò ar muro, proprio a bottega". Com'è ben visibile, nel quadro sono dipinte, stese ad asciugare, proprio alcune maglie della Roma, simili a quelle dell'epoca di papà Settimio, una delle quali apparteneva alla famiglia Ciccarelli e venne mostrata a Botero dalla stessa Emilia. Immaginiamo che, a differenza di Emilia, gli estimatori di Botero non storceranno davvero il naso davanti ad un opera del genere, esemplare per il periodo e ben collocabile nell'intera produzione dell'artista, tanto più che lo stesso, a distanza di qualche tempo la ripropose, sia pure con alcune lievi variazioni.

Osservando bene il dipinto, possiamo notare nella parte sinistra la presenza di due tagli verticali, elementi che non devono riferirsi assolutamente alle tecniche di Lucio Fontana (perdonateci la boutade), piuttosto ad un simpatico fatto del quale ci riferisce lo stesso Artemio Ciccarelli:

"Un giorno capitò a bottega zio Quinto, un fratello de papà che abbitava a Garbatella, un meccanico delle ferovie, attivista der PCI. E mentre che guardava er quadro, tirò giù du bestemmie che me sà che le sentirono fino a Trastevere... prese er quadro e se rivorse a mamma dicenno: Emila, guarda qui... ma n'te vergogni? Mamma guardò e er quadro e je disse: Sor Qui'... maddeché parlate? Zio aggiunse: Ma che me stai a cojonà? Nun lo vedi che su ste majette ce sta ancora er fascio littorio? (effetivamente era lo stemma delle maglie romaniste del periodo, ndr.) Mamma guardò bene e je fece: Sor Qui'... so le maje della Roma de na vorta, erano quelle... che dovemo fa? Zio Quinto s'enncazzo come poche vorte l'ho visto in vita mia... attacco na pippa che levate: Ma come nun te vergogni! Manco pe la memoria de Settimio... poro fratello. Sta robba la dovresti annisconne, pe rispetto suo... E ricordate che tu padre nun era communista così (alzò un pugno)... era communista così! (alzò entrambi i pugni). Poi prese er quadro e lo spaccò sopra an fero da stiro della tintoria. Robba da ride... Dopo quarche giorno, anche se la tela ormai era tajata, mamma lo fece rincornicià e lo rimise ar posto suo... E' l'unico ricordo della tintoria de mamma che c'ho ancora dentro casa... Dici che lo devo fa restaurà?"

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